Arte in corso
heartismo 7: Lucia Conversi, Pieghe
13/06/2013
Dal 13 giugno lo Spazio heart ospita Pieghe, una personale di Lucia Conversi. Nata a Parma nel 1980, Lucia Conversi si è laureata all’Accademia di Belle Arti di Brera. Alla laurea hanno fatto seguito numerose mostre in tutta Italia. Dal 2007 collabora con la Galleria de’ Bonis di Reggio Emilia. Alla pittura affianca l’attività di illustratrice per prodotti editoriali cartacei e multimediali; per lo editore digitale milanese Elàstico ha illustrato Pinocchio e Il viaggio di Ulisse, due app per iPad. Vive e lavora a Parma.


Inaugurazione giovedì 13 giugno, ore 21.00
heart-SPAZIO VIVO
via Manin 2, angolo via Trezzo
Vimercate (Mb)
La mostra si prospetta interessante fin dal titolo: Pieghe. «Le pieghe di cui sto parlando sono imperfezioni, variazioni che movimentano il tessuto liscio e ben steso, perfetto», scrive l’artista. «Sono incidenti di percorso che capitano mentre si è intenti a inseguire un ideale, un ideale di se stessi, un ideale di società. La tensione verso qualcosa, il desiderio che verso questo ci spinge, ci qualifica insieme agli errori che commettiamo e alla debolezza che dobbiamo gestire, alla goffaggine che ci allontana così tanto dall'idea che abbiamo di noi, o di quello che vorremmo essere o diventare».
Nelle pieghe si nasconde ciò di cui abbiamo malcelato timore. Forse anche ciò che davvero conta. Le pieghe sono quelle del nostro pensiero, del nostro vivere quotidiano, della nostra dimensione privata. Ma sono anche, per traslato, quelle dei nostri abiti. Cosa succede quando la nostra immagine pubblica, costruita in funzione degli altri – il nostro comportamento "sociale" e "civile" – si scompiglia come un vestito strapazzato da un gesto troppo veemente, da una corsa o, ancor peggio, da una rissa? Ed eccole qui le Risse, tracciate con segno vigoroso ma controllatissimo da Lucia Conversi: pochi tratti che risolvono con straordinaria efficacia le pose precarie e le convulse gestualità di figure in movimento. Risse che paiono danze e girotondi dalle ritmiche tribali bloccate sulla carta in composizioni perfettamente armoniche ed equilibrate, a dispetto del loro apparente caos, arricchite di pochi colori selezionati con grande attenzione e sempre ben giustapposti; scene nelle quali l’orso e la figura umana finiscono con il somigliarsi, sovrapponendosi in un unico inquieto racconto, passibile di letture diverse, in grado di suggerire riflessioni complesse.
(testo di Simona Bartolena tratto dall'heartismo pubblicato in occasione della mostra)