RITA GERLI D'ALFONSO
Narrazioni positive al tempo del corona Virus Alla ricerca del tempo vissuto e da vivere
Un aspetto che mi colpisce molto in queste difficili giornate è sentire l’insistenza con cui si usa la parola "gratitudine", per significare sicuramente il riconoscimento del lavoro dei medici e del personale sanitario, ma anche in generale per sottolineare la riscoperta di una lettura positiva della socialità. Dopo un periodo in cui l’altro era spesso visto come un potenziale nemico, proprio adesso in piena pandemia infettiva, si riscopre che l’altro è una risorsa di cui non si può fare a meno e si torna a provare "gratitudine". Per me, che faccio parte della Psicologia Positiva, il termine gratitudine indica in senso psicologico l’apprezzamento di quello che davvero conta nella propria vita, che è significativo, senza essere scontato o dovuto. La gratitudine implica un atteggiamento di attenzione verso quello che accade, che sia opera nostra o degli altri, non per criticare, ma all’opposto per osservare con occhi sempre nuovi ciò che, malgrado le difficoltà, funziona e ci aiuta, ci rende attivi, propositivi, nel presente, ma anche ci ha dato sicurezza e amore nel passato, permettendoci una visione realistica e costruttiva del futuro. Secondo Emmons la gratitudine aiuta la costruzione della felicità, perché evita rimpianti inutili, riduce risentimenti, consente di affrontare meglio i problemi, favorisce ricordi autobiografici positivi.
Ecco perché la parola gratitudine è stata il leitmotiv che ha accompagnato le mie giornate necessariamente casalinghe, trascorse per fortuna non da sola..
Il primo senso di gratitudine l’ho provato verso me stessa, ringraziandomi per quello che ritenevo un difetto o addirittura una patologia, ovvero la mia incapacità di buttare via le cose a cui mi attacco come ad un’ancora. E così non mi sono mancate occasioni non solo di riordini, ma anche di vere e proprie riscoperte, come quando ho provato a risistemare lo studio fotografico e d’arte di mio marito (purtroppo scomparso da qualche anno). Come sempre gli oggetti, soprattutto se artistici, ci parlano e ci raccontano. Rientrare in dialogo con chi non c’è più, che abbiamo amato e che amiamo, non è sempre facile e non è consigliabile tutti i giorni. Ma ci sono momenti in cui riaprirsi alla memoria attraverso le testimonianza concrete (foto, quadri, disegni, appunti, matite , macchine fotografiche e altri mille oggetti, dagli accendini alle carte da acquarelli..) risulta positivo, crea una visione storica dei propri affetti e degli anni vissuti insieme, permette di sentirsi grati alla persona che non c’è più e fieri della propria possibilità di averla accompagnata per tanti anni.
Un altro momento di gratitudine l’ho provato vivendo giorno per giorno la mia casa, che non è una reggia, ma che si è rivelata utile e in grado di soddisfare il desiderio di spazi diversificati, anche se non vasti, di uscite all’aperto. Ho apprezzato il sole e la possibilità di dedicarmi a fiori e piante, talvolta trascurate nella frenesia precedente, ma ho anche apprezzato l’enorme quantità di libri, CD musica, film che alloggiano in casa mia, che talvolta maledicevo per la quantità di polvere che sanno attirare.
E inoltre sono e sarò sempre grata a chi mi ha educato (genitori, zie..) che con il motto "Tu imparalo, potrà servirti.." mi hanno permesso di saper fare alcune attività domestiche (un tempo si studiava "Economia domestica") e soprattutto di dedicarmi alla mia amata cucina, in particolare di verdure, nell’illusione che siano meno caloriche e ingrassanti
E infine sono grata a quanti mi sono compagni di clausura, con i quali cerco di applicare le regole della gentilezza e del buon umore (non sempre ci riesco), a quanti mi mandano messaggi e sollecitazioni perché continui a rendere realistica e praticabile la prospettiva di tornare a lavorare, inducendomi a sentirmi ancora professionale. Sono infine grata alla mia gatta che, con le sue continue fughe, movimenta le mie giornate e mi fa chiacchierare con i vicini.