VINCENZO SAMA'
in questo lungo periodo di quarantena che si configura come una detenzione domiciliare, ognuno di noi ha dovuto adattarsi al nuovo regime imposto dalle circostanze. Il valore più alto di questo sacrificio collettivo sta nel fatto che può servire a cautelare la vita dell’altro. Stando in casa salvo la vita, questo è. È un momento storico delicato e forte allo stesso tempo che potrebbe offrire spazi al ribaltamento delle visioni culturali e sociali su cui fonda l’attuale "civiltà".
Giorno otto aprile sul quotidiano Repubblica compariva un articolo di Massimo Giannini dal titolo: "La borsa e la vita". Questo titolo mi ha fatto venire alla mente un mio lavoro realizzato nell’ottobre del 2016. Avendo dismesso la mia borsa di docente, oramai arrivata al capolinea, ho pensato di inchiodarla all’interno in una cornice costruita apposta, con tre chiodi antichi. A questo lavoro ho dato il titolo «La borsa o la vita?». Ora dire che le due cose possono intersecarsi o meno non lo so, posso solo affermare che questa tematica è fortemente connessa con l’idea stessa che si ha della vita e con quanto, proprio in questi giorni, ci è dato riflettere sulla sua essenza. Per quello che penso la vita non potrà mai essere affiancata alla borsa e all’idea che sottintende, quindi è indispensabile scegliere tra la borsa o la vita.
Durante le mie lezioni, spesso mi sono trovato a perorare la causa della congiunzione «e», laddove si trattava di accogliere pensieri diversi, invitando a riflettere i miei studenti sul potere accogliente di questa congiunzione. Nel contempo mettendoli in guardia dal potere escludente della «o». Il primo avvertimento mi era utile per dimostrare che era necessario dare cittadinanza al pensiero altrui, che non era indispensabile quindi arrivare alla conclusione di chi ha torto o di chi ha ragione. Diventava importante solo il fatto che ognuno potesse esprimere la propria opinione, quindi, questo e quel pensiero hanno ragione di esistere nella misura in cui ci sono divergenze e non è necessario arrivare a una definizione. Qualora fosse stato indispensabile arrivare a una sintesi allora si poteva mettere in atto un metodo decisionale rispettoso dell’idea di democrazia.
Ritornando al tema principale, sostengo che il lavoro deve essere svincolato dalla "borsa" in modo immanente, quindi in questo caso è obbligatorio usare la congiunzione «o». Non è più accettabile che l’uomo debba essere pagato per il lavoro che svolge, questa è una barbarie. È un modo di stabilire relazioni tra esseri umani che non garantisce la dignità del lavoratore, tanto meno la sacralità del lavoro. Un lavoratore che presta la sua opera di qualunque natura essa sia deve essere considerato come indispensabile per la collettività, ma soprattutto la sua opera deve risultare proficua per la casa comune che è l’universo intero all’interno del quale lo stesso uomo vive. Non sarà facile agire con rettitudine, ma se tentativi ed errori saranno ancora commessi la direzione non potrà essere che questa. Se tutto ciò non accadrà allora potremmo dire che il sacrificio che stiamo affrontando dignitosamente in questi giorni di quarantena a nulla servirà.
L’interrogativo del titolo è indispensabile, si potrà continuare così come da secoli si sta facendo oppure questo tempo trascorso a salvare la vita ci aiuterà a cambiare paradigma?
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